Joseph Anton Koch: Pittore tirolese e capostipite romano
La vicenda umana e artistica di Koch è emblematica del fenomeno storico dell’ incontro fra la cultura germanica e l’ambiente italiano. La sua esperienza va anzi ben al di là di quel bagno di italianità che cercano, al tempo di Koch, le centinaia di artisti tedeschi di passaggio a Roma e nelle altre località favolose del nostro paese: egli è infatti uno dei pochi che ha fatto dell’Italia la sua patria di elezione, stabilendovisi definitivamente e trovando moglie e sepoltura; ed è l’ unico che ha lasciato una numerosa progenie non più tedesca, ma autenticamente romana. La vocazione che lo ha attirato a Roma nel 1795 non era diversa da quella dei pochi che lo avevano preceduto e dei molti che lo avrebbero imitato. Aveva 26 anni, la cartella piena di disegni e di schizzi eseguiti, prima nella famosa alta scuola di belle arti di Stoccarda e poi durante le sue lunghe peregrinazioni nelle Alpi svizzere: e aveva l’animo aperto alle prospettive del contatto con il sogno italiano divenuto realtà. La sua esaltazione era alle stelle e si abbeverava a due fonti: i dipinti dei classici italiani, esposti nelle gallerie pubbliche e private, e il paesaggio del Lazio. Si è così formato il suo stile, che doveva diventare la scuola del “paesaggio eroico”, una visione sublimata della natura, che combina forme neoclassiche con contenuti preromantici. Nello stesso tempo Koch coltivava la sua passione per Dante, che ne doveva fare uno dei più rinomati illustratori della Divina Commedia.
L’Italia come scelta familiare e del suo destino
Ma per Koch l’Italia non fu soltanto un’esperienza artistica; divenne anche la scelta di un destino umano e familiare. La svolta della sua esistenza avvenne intorno al 1804 quando a Olevano Romano, l’antico borgo dei monti Sabini che egli ha scoperto per la storia dell’ arte, fece la conoscenza della donna che doveva sposare, Cassandra Ranaldi, figlia di un vignaiolo del posto.
Il matrimonio è stato un fattore essenziale del processo di italianizzazione di Koch. Da allora, con la sola interruzione di un soggiorno a Vienna, tutta la vita di Joseph Anton e di Cassandra è trascorsa fra Roma e Olevano, dove si recavano durante l’estate. A Roma, Koch alloggiava e lavorava fra Trinità dei Monti e Quattro Fontane e si incontrava con gli amici e colleghi al famoso Caffè Greco, che gli serviva anche di recapito per la corrispondenza con la Germania. Sintomatica della sua integrazione nel mondo romano era la firma delle lettere: “Il vostro Sepp, tirolese di Roma”.
Di Cassandra i contemporanei dicevano un gran bene. L’amico Ludwig Richter scriveva, a proposito delle difficoltà economiche del ménage: “Egli aveva però una moglie efficientissima ed economa, che lo rendeva, nonostante le preoccupazioni, allegro, sereno e incredibilmente laborioso.”
Ebbero tre figli: la prima, Elena, nacque a Roma nel 1811, ed è sepolta con i genitori nella tomba di Koch al camposanto teutonico al Vaticano, all’ombra della cupola di San Pietro. Elena si sentiva già completamente romana, pur avendo sposato un bavarese, il pittore allievo di Koch, Michael Wittmer. Basta ricordare una circostanza della sua vita: all’età di cinquant’anni dovette a malincuore lasciare Roma per seguire il marito in Baviera. Ma restata vedova, Elena, ormai settantenne, tornava a stabilirsi a Roma insieme a quattro dei sette figli. La sua progenie è oggi sparsa anche in Germania, in Svizzera, in Spagna, in Brasile e in Australia; ma molti sono rimasti a Roma e tra questi si distinguono le famiglie Bretschneider, Hausmann, e Curti Gialdino (queste ultime hanno dato entrambe due figli alla patria italiana).
I due figli maschi di Joseph Anton, Camillo e Augusto, sposarono a Roma due ragazze della casata dei marchesi Lecce. Augusto, pittore anche lui di un certo talento, è quello da cui discendono tutti gli attuali Koch romani come pure i rampolli delle figlie e nipotine che hanno assunto altri cognomi. Alcuni hanno ereditato e perpetuato il genio artistico dell’avo, come uno dei figli di Augusto, l’eminente architetto della Roma umbertina Gaetano Koch; altri si sono distinti nelle professioni liberali, come i Lodoli, o nelle attività economiche e nel servizio pubblico, fra cui tre Koch diplomatici di tre successive generazioni.
Benché siano passati 150 anni dalla morte di Koch e la sua progenie sia già arrivata alla settima generazione (benvenuto al nipotino Lucas Robert, nato il 17.08.2014, primogenito di Nicolas Koch) i discendenti sono tuttora molto sensibili al culto dell’illustre antenato e mantengono un’ammirevole solidarietà familiare. E va sottolineato che, pur essendo Koch classificato, come pittore, nella storia dell’arte germanica, e pur essendo i suoi discendenti sparsi in tre continenti, tutti si riferiscono a Roma come alla culla della casata da lui fondata.
[Luciano Koch, Catalogo della mostra “Koch e Dante” a Torre dei Passeri, prov. di Pescara, sett. 1988]
Nota dell’editrici:
Fra i discendenti si distingue Marco Lodoli per le sue poesie, i suoi articoli e i suoi libri in particolare su Roma.